Lo spettacolo teatrale di fine anno è risultato di un percorso profondo, condiviso, a tratti faticoso ma intensamente umano, nato dal desiderio di dare voce al messaggio universale di Primo Levi.
“Se questo è un uomo” non è un libro semplice da leggere, né da portare in scena. È una testimonianza, un grido sommesso e lucido contro la disumanità, una riflessione sulla dignità negata, ma anche sulla forza della memoria e della resistenza interiore. Trasformare la voce di Levi in un testo corale è stata una sfida. Eppure, proprio per questo, ci hanno spinto a cercare un modo per renderle plurali, per farle risuonare attraverso dieci voci diverse, che si sono intrecciate nel lavoro comune.
Il teatro, con la sua capacità di accogliere e dare spazio a ciascuno, è stato lo strumento che ha permesso tutto questo. Dieci ragazzi, ciascuno con il proprio vissuto, le proprie sensibilità, i propri timori, si sono messi in gioco per costruire insieme un’opera corale, dove ognuno ha avuto un ruolo essenziale. Nessuno protagonista, tutti necessari.
È proprio da questa esperienza condivisa che è emersa la valenza inclusiva del teatro: in scena non si è soli, si è parte di qualcosa di più grande, si è legati da un filo invisibile che si chiama fiducia, rispetto, ascolto. Come scrive Levi: “Considerate se questo è un uomo…”. Il nostro tentativo è stato proprio questo: considerare, riflettere, rendere presenti quei volti e quelle voci che la Storia ha cercato di cancellare…
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